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Guida al Museo Diocesano “G. Tarantini”
LA STORIA
“Sorse nella seconda metà del secolo XVII, nel quartiere degli spagnoli, per la munificenza del canonico don Francesco Monetta, uno degli ultimi membri di un’antica e potente famiglia brindisina. La costruzione fu completata nel 1697 e nel 1701 fu possibile organizzarvi la grande festa per il compleanno del re Filippo V con triplicato sparo di tutto il cannone e moschettaria.” (1) Il monumento, opera di Giuseppe Zimbalo, è uno dei pochi esempi di architettura ecclesiale barocca di tipo leccese che esista in provincia di Brindisi. La tecnica di costruzione con le paraste (*) in carparo ed il resto in tufo grigio, ripete quella usata nella fiancata della chiesa degli Angeli. La facciata risulta arricchita da paraste, capitelli, volute e pinnacoli (**). Il portale architravato è affiancato da quattro nicchie con cornici in rilievo ornate da motivi floreali.
Museo Tarantini – Chiesa di S. Teresa
Museo Tarantini – Chiesa di S. Teresa, ingresso laterale
Facciata divisa in due ordini separati da un cornicione, è ornata da paraste con capitelli corinzi; nella parte inferiore si aprono quattro nicchie vuote.
Volute e pinnacoli nell’ordine superiore.
La facciata della chiesa lascia intravedere il soffitto cassettonato all’interno.
L’INTERNO – Alcuni scorci
Veduta dell’altare maggiore
Veduta lat. sinistra
Veduta lat. destra
Veduta della controfacciata
L’interno ha pianta a croce latina e si sviluppa in un’unica navata con transetto. “Le profonde cappelle laterali contengono altari con marmi policromi, stucchi e ornamenti a festoni, testine alate e volute di impostazione tardo-barocca. Di grande rilievo si presenta l’altare maggiore, ornato con motivi a girali e due testine alate per capoaltare” (2).
Navata centrale con profonde Cappelle laterali.
Il Pulpito
Il Pulpito – scorcio laterale
Navata centrale – veduta laterale
IL CORO LIGNEO E L’ALTARE SETTECENTESCO
L’aula mostra l’originale impianto tardo seicentesco in quanto i successivi interventi l’hanno solo parzialmente modificata. Tra gli arredi della fine del ‘600 figurano l’austero coro ligneo del presbiterio ascrivibile forse, ad intagliatori dell’ultimo quarto del secolo;
L’austero coro ligneo con la statua di S. Teresa d’Avila
Di fronte al coro è posta la elaborata lastra in marmo che ricopre la ” Sepoltura religiosorum carmelitarum excalceatorum” – Anno Domini 1741.
Lastra di sepoltura dei Carmelitani.
Le lesene (***) lisce con capitelli corinzi, le volutine e le specchiature mistilinee che decorano gli stalli. Tra gli interventi settecenteschi vanno, invece, annoverate le decorazioni in stucco: testine alate, angioletti, volute, festoni con fiori e frutta.
Il Pulpito – veduta laterale
Insieme agli stucchi ed alle pitture concorsero alla renovatio settecentesca gli altari in marmi policromi intarsiati. Fanno il paio gli altari collocati nelle menzionate cappelle di S. Teresa e del Carmelo. Essi sono realizzati nella medesima bottega di marmorari, forse napoletani, risultando pressochè identici nel disegno delle tarsie, nelle forme e nel linguaggio stilistico. (3)
Altare maggiore – veduta laterale
Altare maggiore- particolare delle forme e delle tarsie
Altare della Cappella di S. Teresa
Altare maggiore – Putto capoaltare sinistro
Putto capoaltare sinistro
Reggicandelabro in marmo rosso di Verona
SOFFITTI E PAVIMENTO
Navata centrale – Soffitto cassettonato
U. Colonna, La gloria dei santi medici Cosma e Damiano. Tela a olio – Particolare del soffitto
Transetto – Soffitto cassettonato
U. Colonna, La gloria di S. Teresa d’Avila – Dipinto a olio. Particolare del soffitto
Presbiterio – Soffitto cassettonato
Soffittatura a cassettoni
Pavimento con inserti in marmo
LE CAPPELLE
CAPPELLA DEI SANTI MEDICI
All’interno delle cappelle “sono i segni delle devozioni proprie di questa chiesa ove ha operato una confraternita sotto il titolo dei Santi Medici. Un riferimento a tale culto è offerto dalla seconda cappella di destra ove sono le cinque statue in cartapesta dei santi e una significativa raccolta di ex voto.
Cappella dei Santi Medici – Statue in cartapesta
La confraternita era attiva almeno dal 1826 e aveva sede nella chiesa delle Scuole Pie; in quella data la locale sott’intendenza chiese che le statue dei Santi Medici, nella chiesa già degli scolopi, fossero traslate in Santa Teresa poiché “sotto il pretesto di mantenersi il culto divino in gloria degli anzidetti santi si fanno delle questue che si convertono ad altro uso”. La congrega, trasferitasi in Santa Teresa il I gennaio 1888, è stata attiva almeno sino al 1971.” (4)
CAPPELLA DI S. ANDREA
“Nella prima cappella di sinistra è riferimento alla confraternita dei marinai e pescatori di Brindisi; aveva essa in origine sede presso la chiesa di Sant’Eufemia indicata anche come Sant’Andrea piccinno. Di pertinenza dell’abbazia di Sant’Andrea dell’Isola, fu richiesta dai carmelitani scalzi perché fosse incorporata nella loro clausura, risultando da molti anni abbandonata. La richiesta fu soddisfatta; in cambio, i teresiani si obbligarono a dedicare una cappella nella loro chiesa a sant’Andrea, facendo di questa il nuovo punto di riferimento della confraternita.” (4)
Cappella di S. Andrea
La tela ospitata nella Cappella è quella di S. Andrea dell’Isola Brindisina, di bottega locale, vicina a Jacopo de Vanis, eseguita nel tardo cinquecento per essere collocata in Sant’Eufemia e quindi adattata, con aggiunte, per essere inserita nell’altare voluto in Santa Teresa.Infatti, l’icona raffigurante S. Andrea ha subito un allargamento di dimensione. Si ipotizzano due momenti differenziati storicamente. Si tratta di una apposizione di tele, più precisamente l’unione di due dipinti ricollegati tra loro. Il dipinto anteriore al 1606, fu trasferito in S. Teresa dopo il 1708 e collocato nell’attuale cappella e, quindi, un ignoto pittore settecentesco (forse il mandurino Diego Oronzo Bianco?) eseguì un riadattamento della tela; ne aumentò le dimensioni e vi dipinse in alto il Coro degli Angeli, a sinistra del Santo, il Castello che si aggiungeva all’originaria immagine dell’Abbazia, e a destra la raffigurazione della Pesca Miracolosa.
S. Andrea dell’isola – Autore ignoto
Nel 1789 il patrizio napoletano Sergio Sersale, abate commendatario di Sant’Andrea dell’Isola, commise lavori che portarono a una sostanziale ridefinizione di tutta l’area cultuale. Due memorie epigrafiche in sito ricordano queste vicende che saldano la presenza carmelitana a remote precedenze e la radicano nel cuore della popolazione marinara di Brindisi.
Memoria epigrafica dedicata a Sergio Sersale
CAPPELLA DELLA MADONNA DEL ROSARIO
Il pittore barese Umberto Colonna (1913-1993) realizzò le tele aventi a soggetto la Madonna del Rosario, per la cappella con lo stesso titolo.
Umberto Colonna (1913-1993), Madonna del Rosario
CAPPELLA DI S. TERESA
Cappella di S. Teresa
Nella cappella di Santa Teresa si conservano tele del pittore leccese Serafino Elmo (1696-1777); autografa è la Gloria di Santa Teresa. La gloria di S. Teresa. S. Teresa d’Avila è rappresentata inginocchiata su una nuvola bianca. La figura del Cristo alle sue spalle, la copre con il mantello fiorito. In basso a sinistra, una suora teresiana assiste all’evento. Un angelo raffigurato innanzi alla Santa, reca un libro aperto dove è scritto: “Aut Pati Aut Mori” (o patire o morire). In alto al centro, la colomba dello Spirito Santo. Intorno alle due santità puttini festosi. (3)
Serafino Elmo (1696-1777), La gloria di S. Teresa. S. Teresa d’Avila
S.Teresa scrivente – Bottega di S. Elmo, XVIII secolo. La Santa è raffigurata al centro della tela, inginocchiata innanzi ad un tavolo. Sul tavolo una tovaglia rossa ed un grosso libro aperto, poggiato su altri due libri. In alto a sinistra vi è l’immagine di Dio che suona l’arpa. Dietro alla Santa due puttini. Sulla destra una balaustra con un vaso rosso fiorito. (3)
S. Teresa trasverberata – Bottega S. Elmo, XVIII secolo. S. Teresa inginocchiata, è raffigurata tra due angeli; quello alla sua sinistra ha nelle mani una freccia ed il cuore (della Santa) a testimonianza del prodigio avvenuto. Alla sua destra compare un altro angelo. (3)
S. Teresa trasverberata – Bottega S. Elmo, XVIII secolo
S. Teresa e Angeli scriventi – Bottega S. Elmo, XVIII secolo. Il quadro rappresenta l’immagine di S. Teresa seduta. Nella mano destra ha una penna ed allarga le braccia. Sul tavolo, libri e pergamene. Due puttini scriventi. Dietro la Santa una colonna e una balaustra che si apre verso un paesaggio. (3)
S. Teresa e Angeli scriventi – Bottega S. Elmo, XVIII secolo
Tetto della Cappella di S. Teresa
CAPPELLA DELLA MADONNA DEL CARMINE
Allo stesso maestro Serafino Elmo sono attribuibili la Madonna del Carmine col Bambino che consegna lo scapolare ai santi Simone Stock e Teresa d’Avila le altre tele che sono nella cappella della Madonna del Carmelo. “Si deve questa, come ricorda una memoria epigrafica, alla munificenza di Luigi Ferreyra, castellano delle fortezze sull’isola di Sant’Andrea dal 1690 al 1710. Fu egli fondatore del cosiddetto Monte dei Giannizzeri, istituzione tesa ad alleviare con varie provvidenze quanti, fra i soldati spagnoli del forte o fra i loro discendenti si fossero trovati in difficoltà economiche e le donne spagnole in età da marito che non avevano dote. L’istituzione ha avuto lunga durata: le rendite sono state distribuite sino al 1940.” (5)
Serafino Elmo, Madonna del Carmine col Bambino che consegna lo scapolare ai santi Simone Stock e Teresa d’Avila
S. Elmo (1696-1777), La Vergine con bambino e SS. Simone Stock e Teresa – olio su tela. La Vergine del Carmelo, come dicono le simbologie rappresentate, è raffigurata nell’atto di consegnare lo scapolare a S. Simone Stock che, a sua volta, lo porge a S. Teresa. Tra le nubi e coppie di puttini e angeli adulti compare, in alto a destra, l’immagine del Padre Eterno. Nell’angolo alto di sinistra, angioletti con i simbolici scapolari sollevano una cortina rossa. (3)
S. Elmo (1696-1777), La Vergine con bambino e SS. Simone Stock e Teresa
Lapide, scritta in lingua latina, apposta accanto all’altare il 3 Ottobre 1724; l’epitaffio fu scritto dallo stesso de Ferreyra. (3)
Lapide in lingua latina
S. Antonio col bambino – S. Elmo, XVIII secolo. L’iconografia rappresenta S. Antonio di Padova con in braccio il Bambino Gesù. Il Santo è inginocchiato e tiene un giglio nella mano sinistra. Innanzi a lui ed al bambino sono raffigurati due angeli in adorazione. Le vesti e le ali dei due fanciulli sono colorate con bianchi, azzurri e rossi molto delicati. (3)
S. Antonio col bambino – S. Elmo, XVIII secolo
La sacra famiglia – S. Elmo, XVIII secolo. La scena rappresenta al centro la figura del Bambino che muove i primi passi su un ripiano. Il piccolo si muove dal centro del riquadro dove è raffigurata S. Anna, verso sinistra dove l’attende la Vergine Maria. Alla sinistra di Maria, l’immagine di S. Giuseppe. Nella estrema destra della tela l’immagine di S. Gioacchino. (3)
La sacra famiglia – S. Elmo, XVIII secolo
Le tentazioni di S. Antonio Abbate – S. Elmo, XVIII secolo. La figura nuda del Santo è dipinta lungo la diagonale del quadro. Egli è disteso tra i rovi. In alto a sinistra si scorge la figura di una donna. L’episodio narra la tentazione del diavolo da cui fu angosciato il Santo eremita. In quest’opera, in base a iconografia diffusa, si vede il Santo rovesciato a terra fra i cespugli di rovo, tentato nella carne dal demonio in forma di donna. (3)
Le tentazioni di S. Antonio Abbate – S. Elmo, XVIII secolo
S. Michele Arcangelo – Lunetta di S. Elmo, XVIII secolo. La raffigurazione riproduce l’Arcangelo Michele in volo che scaccia tra gli inferi Lucifero incatenato. In basso sul lato sinistro anime dannate tra le fiamme. (3)
S. Michele Arcangelo – Lunetta di S. Elmo, XVIII secolo
Tetto della Cappella della Madonna del Carmine con i Santi Evangelisti
CAPPELLA CON STATUARIA SACRA
Il culto per la Madonna del Carmine è attestato anche dalla macenula (ndr la Madonna macenula è quella che si può rivestire con abiti sempre diversi in quanto non sono fissati al corpo), conservata ora nella prima cappella di destra, sulla cui veste di taffetas marrone sono riportati ricami del primo ‘800. (5)
Prima cappella a destra
Cappella con statuaria sacra
Madonna “Macenula”
Madonna “Macenula”
Scultura in pietra policromata raffigurante S. Francesco da Paola – Autore ignoto
Scultura in pietra policromata raffigurante S. Francesco da Paola – Autore ignoto
San Giovanni della Croce – Autore ignoto
San Giovanni della Croce – Autore ignoto
Santa Teresa d’Avila – Autore ignoto
Santa Teresa d’Avila – Autore ignoto
documenta l’attività di botteghe locali settecentesche il San Francesco Saverio, dipinto nel 1749 dal brindisino Giovanni Scatigno (1726 – c.1780),
San Francesco Saverio, dipinto nel 1749 dal brindisino Giovanni Scatigno (1726 – c.1780)
QUADRI E OGGETTI CATALOGATI
Il Cristo in trono, per il presbiterio, dipinto dall’artista Umberto Colonna (1913-1993)
Il Presbiterio
Umberto Colonna (1913-1993), Cristo in Trono
L’artista trentino Lucillo Simone Grassi (1895 – 1972) realizzò, il 1942, i dipinti Il martirio dei santi medici Cosma e Damiano e La gloria dei santi medici Cosma e Damiano collocati sulle testate del transetto.
Lucillo Simone Grassi (1895 – 1972), Il martirio dei santi medici Cosma e Damiano
Lucillo Simone Grassi (1895 – 1972), La gloria dei santi medici Cosma e Damiano
Occorre infine pur far menzione di altre due tele. L’Educazione di Maria Vergine, attribuibile a Francesco Antonio Altobello (1632 – 95), con collocazione sulla controfacciata
Francesco Antonio Altobello (1632 – 95), L’Educazione di Maria Vergine. Al centro del quadro vi è l’immagine di Maria Bambina tra S. Gioacchino e S. Anna che la istruiscono
e l’Angelo con il simbolo della Passione: la scala della Croce da Lucio Galante attribuito ad ambito di Simon Vouet (1590-1649) che una serie di dodici angeli coi simboli della passione dipinse per il cardinal Ascanio Filomarino di Napoli. Il dipinto brindisino, restaurato il 1991 da Francesca Marzano, scrive Lucio Galante, “rivela un autore che è così vicino al modello, anzi che ha una tale conoscenza del suo stile da confondersi col medesimo. In altre parole sarebbe impensabile un tale dipinto al di fuori dello stretto entourage del Vouet”.” (5)
Infatti, questo è l’originale presso la Chiesa di Santa Teresa
Simon Vouet (1590-1649) , L’Angelo con il simbolo della Passione: la scala della Croce
e questa è una delle altre copie in mostra al Museo Capodimonte a Napoli, con evidente rassomiglianza tra i soggetti.
Degni di nota sono anche la Madonna del Purgatorio, dipinta il 1789 dal cistranese Barnaba Zizzi (1762-1828) e i due ovali con Anime purganti. (6)
Barnaba Zizzi, 1789. La Madonna del Purgatorio
Anime purganti
Anime purganti
La Sacra Famiglia con san Giovannino, già nella Basilica Cattedrale, è interessante per originalità. La tavola, restaurata il 1741, era parte di un polittico forse avente a soggetto l’Adorazione dei Magi; reinterpretata come anta destra di una porta per la perdita dell’altare di riferimento documenta la trasformazione della figura di san Giuseppe in senso classico sul paradigma del senescente pio Enea. (6)
La Sacra Famiglia con S. Giovannino
Il crocefisso, proveniente dalla Basilica Cattedrale, è privo degli arti superiori e della croce. L’opera, probabilmente della fine del XV secolo, è ascrivibile a un periodo in cui lo studio del corpo umano era in uno stadio avanzato. Si nota dalle discrete proporzioni anatomiche; la plasticità è data da volumi poco accentuati ma allo stesso tempo armonici e dal chiaro scuro accennato delicatamente. Il capo è reclinato, con la corona di spine poco evidente. I capelli che all’attaccatura sono a ciocche appena accennate, poi scendono diritti e si posano sul petto. Sul torso si notano le cavità che evidenziano nettamente le parti anatomiche e in particolare i pettorali, l’addome e le costole.
Nel piccolo crocefisso del Museo Diocesano di Brindisi è ben evidente la ferita nel costato di Cristo; a differenza di molti altri, qui le ferite non grondano sangue. Notiamo ritmicità anche nelle pieghe del perizoma, che dalla cintola arriva fino alla metà delle cosce, seguendo le forme anatomiche. Deboli sono invece gli effetti di luce e ombra degli arti inferiori. Le singole parti della muscolatura sono quasi accennate e la gamba destra avanza lievemente. I piedi, in parte danneggiati, sono trafitti da un unico chiodo. (Studio di A. Mingolla su Brindisiweb)
Statua di Cristo priva di braccia
MATERIALE NON CATALOGATO
la Statua processionale del Cristo morto e il Crocefisso
Statua processionale del Cristo morto
Crocefisso
Statua di S. Teresa d’Avila.
Statua di S. Teresa d’Avila
Per ultimo, mi sembra giusto esporre il ritratto di Giovanni Tarantini (Brindisi 1805-1889), a cui il Museo Diocesano è intestato, che fu canonico e archeologo, fondatore del locale Museo civico, e strenuo difensore di monumenti che il progresso avrebbe potuto distruggere.
Anonima bottega locale, Giovanni Tarantini
MUSEO G. TARANTINI
Ambiente espositivo.
Il museo diocesano è fulcro del progetto per i beni culturali; i materiali raccolti derivano dall’attività sistematica d’inventariazione dei beni mobili condotta nell’arcidiocesi. La sede si trova nel settecentesco palazzo del Seminario recentemente restaurato e dotato d’impianti di sicurezza con sezioni in Santa Teresa degli Scalzi e in San Benedetto. La consistenza e la funzionalità del museo vanno continuamente migliorando; si tratta d’istituzione che svolge un ruolo fondamentale nell’economia culturale del territorio.
Nelle sale espositive è l’Idria di marmo serpentino, sec. VIII. Si tratta di un “vaso dell’Epifania”: era, infatti, proprio nel giorno dell’Epifania che era commemorato dalla liturgia il miracolo delle nozze di Cana, evento per il quale esso sarebbe stato originariamente realizzato. Il vaso, analogamente a molti altri esemplari cui è assegnata un’origine simile, fa dunque parte di quella schiera di vasi noti in ambito religioso e letterario come “idrie di Cana”. Si tratta di manufatti realizzati in materiali preziosi e di provenienza orientale, spesso corredati di iscrizioni relative al rito di benedizione delle acque che avveniva proprio nel giorno dell’Epifania. Tali vasi compaiono in ambito religioso italiano sin dall’Alto Medioevo, quali doni di provenienza orientale. Per questo motivo la tradizione della provenienza dalla Terra Santa del vaso ha motivo di essere veritiera: le crociate sembrano anzi aver potuto costituire il veicolo più appropriato per l’arrivo di oggetti come questo, veri e propri trofei di guerra piuttosto che doni, ma comunque oggetti da esibire nelle sedi più autorevoli e cui attribuire origini illustri e significati simbolici strettamente collegati al potere politico e religioso. Oggi sappiamo essere stata l’idria brindisina realizzata nell’VIII secolo, in Egitto, per essere collocata nella chiesa di Kefer Kenna – località indicata, piuttosto che Khirbet Qana come l’antica Cana – quale memoriale del miracolo. Può ritenersi traslata a Brindisi nel corso del XIII secolo, forse in uno con le reliquie di san Teodoro d’Amasea, nell’occasione delle nozze, celebrate nella basilica Cattedrale il 9 novembre 1225, fra Isabella di Brienne, regina di Gerusalemme, e Federico II di Svevia.
A ignoti argentieri meridionali è attribuibile la duecentesca arca d’argento di san Teodoro d’Amasea. Nel XIII secolo, in età federiciana, forse il 27 aprile del 1210 come vuole la tradizione o più probabilmente il 1225 in occasione delle nozze di Federico II con Isabella di Brienne, regina di Gerusalemme, le reliquie di san Teodoro d’Amasea furono traslate in Brindisi dalla città anatolica di Euchaita. Le spoglie, giunte avvolte in uno sciamito,
troveranno collocazione in un’arca le cui quattro facce verticali sono completamente rivestite di lastre d’argento; la frontale e la laterale sinistra figurate con rilievi a sbalzo. Nella parte superiore è chiusa con due grate, una semplice, di ferro, l’altra, d’argento, cesellata.
Le varie lastre d’argento, realizzate, ad eccezione della Vergine col Bambino sulla testata sinistra della cassa e del San Giorgio a cavallo che uccide il drago sul lato frontale, nella prima metà del XIII secolo furono adattate alla cassa attuale di cipresso, realizzata, verosimilmente, nel XVI secolo.
Sul lato frontale sono, da sinistra verso destra, le immagini affiancate dei due santi vescovi Leucio e Pelino, benedicenti alla greca, con pallio, mitra e pastorale; episodi salienti della vita di san Teodoro e traslazione delle sue reliquie in Brindisi; condanna di san Teodoro. Sulla testata sinistra è riproposta la passio di san Teodoro. La circostanza che, nell’ultima lastra del lato frontale, il sovrano che giudica il santo si presenti per due volte sfigurato e in una privato del volto, indurrebbe a pensare a rappresentazioni di Federico II rese irriconoscibili in età angioina.
Lampasso a due trame lanciate raffigurante “Resurrezione” – Firenze XVI secolo.
Il busto in cartapesta di Santa Teresa d’Avila fu realizzato, per la chiesa annessa al conservatorio di Santa Chiara in Brindisi, ai primi del XVIII secolo. Come di consueto la santa è raffigurata in un momento di estasi; probabile che nella dizione originaria un angelo le trafiggesse il cuore con un dardo aureo.
Le scarpe bianche, ricamate, da pontificale, appartennero al beato Giovanni XXIII, da cui furono donate al canonico Augusto Pizzigallo.
Il leggio ligneo costituiva verosimilmente la parte centrale del coro della chiesa di San Benedetto demolito il 1925. Fu eseguito, per quel che si rileva da una data dipinta sul retro ove sono le immagini, in ovale, di San Benedetto e Santa Scolastica, il 1665.
L’urna in legno per le votazioni capitolari ha, rappresentazioni di San Leucio, San Teodoro e dello stemma del Capitolo.
La croce astile in argento fu realizzata a spese della clarissa Maria Cherubina Leo che ricoprì in Santa Maria degli Angeli l’ufficio del sacristanato il 1732. L’uso delle croci astili risale all’alto medioevo. Poiché il sacerdote celebrava stando dietro l’altare, la Croce non veniva posta sopra la mensa, ma stava a sinistra, sorretta da un crociferario, e serviva anche da croce processionale.
Il pastorale d’argento, reca lo stemma dell’arcivescovo Giuseppe de Rossi (1764 -1778), nobile, originario di Napoli. Si tratta di un’insegna liturgica propria del vescovo e degli abati nelle funzioni pontificali, eccettuate quelle del Venerdì Santo e dei defunti. Consta di un’asta dell’altezza di un uomo, munita al di sopra di una curvatura a spirale; è consegnato nel giorno della consacrazione ed è portato nella sinistra, la curvatura verso il popolo nel territorio proprio.
L’immagine dipinta su vetro della sibilla tiburtina, d’età romana, fu rinvenuta il 1763 dal carmelitano Vincenzo Morelli e da questi donata a Ortensio De Leo per essere collocata nel suo museo.
L’ostensorio raggiato, del Capitolo Metropolitano di Brindisi, è databile alla prima metà del Seicento;
Vasi per gli oli santi, secchiello e aspersorio.
Legature di libro liturgico con lo stemma dell’arcivescovo Antonino Sersale (1743-50) e Angeli in argento.
Piatti per elemosina.
Pergamena con firma autografa dell’imperatore Federico II (1194 – 1250).
Piatto da parata, ostensorio, indice segnalibro, palmatoria, servizio da lavabo.
Reliquiari.
Memorie della visita di Sua Santità Benedetto XVI in Brindisi. Mitria, messale, calice.
Cartagloria, legature di libro liturgico, calici.
Memorie della visita di Sua Santità Benedetto XVI in Brindisi. Pianeta e dalmatica.
Ostensorio.
San Pietro Apostolo.
Parato capitolare.
Gesù Bambino.
Medagliere.
Altri reperti non catalogati.
Per approfondire:
Gli argenti del Museo Tarantini di Brindisi – Mostra di oreficeria medievale in Puglia
Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica.
(1) Vittoria R. Petrosillo – Guida di Brindisi, ed. Finiguerra Arti Grafiche – Lavello (Pz) per conto Congedo editore 1993;
(2) Quotidiano, Guida storico-artistica delle provincie di Lecce-Brindisi e Taranto – Ed.Stampa Arti Grafiche Boccia Srl;
(3) Tesi di laurea: Catalogazione della pittura sacra dei secc. XVI-XVII-XVIII nella città di Brindisi presso Univ. degli Studi Lecce, Fac. Lettere e filosofia – Dott: Massimo Guastella;
(4) G. Carito – Brindisi Nuova guida, ed. Prima, Italgrafica Edizioni Srl, Oria (BR) 1993/1994
Note:
(*) elemento architettonico strutturale verticale (pilastro) inglobato in una parete, dalla quale sporge solo leggermente;
(**) Capitello: elemento terminale della colonna; voluta: elemento decor. costituito da una spirale avvolta in un centro; pinnacolo: elem. archit. piramidale sinonimo di guglia.
(***) Lesena: semipilastro addossato alla parete spesso con funzioni di sostegno.
Ma questa è un’enciclopedia!
Forse è troppo lungo?
No, no, è ben fatto con bellissime foto che fanno risaltare particolari che sfuggono all’occhio nudoe fuggevole d’un visitatore
Grazie, allora. Alla prossima!
faccio mio il precedente commento: scatti molto belli che valorizzano il patrimonio e descrizioni appassionanti.
saluti.
Grazie a tutti. Ammetto che le vostre parole di plauso sono come il sole per una pianta, in questo deserto.
Mi è capitato casualmente sotto gli occhi questo commento fatto da me qualche giorno fa e mi sono reso conto che potrebbe qualcuno potrebbe equivocare pensando che volevo scrivere “acqua” e non “sole”, visto che subito dopo parlavo di “deserto”. Invece, avevo pensato proprio al sole che fa compiere la fotosintesi alle piante trasformando i sali estratti dal terreno in linfa vitale e al deserto intorno riferito alla povertà culturale dei nostri luoghi sia reali che virtuali.
Complimenti, i contenuti di questo articolo in particolare, e del blog in generale, sono molto interessanti ed hanno il pregio di essere correlati da ottime immagini: è un libro di storia dell’arte.
Grazie per le sua gentilezza, faremo il possibile per migliorarci ancora
Complimenti per questo magnifico ricordo storico artistico attraverso delle immagini molto belle e nitide. Per me, vissuto per diversi anni in via De Dominicis, di fatto di fronte all’ingresso laterale della chiesa di Santa Teresa, é stato un bellissimo tuffo nei miei giovanili ricordi.-
Fra le immagini alla voce ” Presbiterio. Soffitto cassettonato” sono raffigurati due bellissimi bambini di era attuale.
Ancora complimenti e continui anche in lingua inglese che amplia l’interesse storico-culturale anche fuori della sfera strettamente locale e nazionale. Saluti vivissimi. Giovanni Libardo
Grazie per il suo entusiasmo che ci conforta e ci sprona ad andare avanti soprattutto in questa nuova iniziativa con il Liceo Linguistico Palumbo atta a far conoscere le “meraviglie” della nostra città anche all’estero, con la esplicita speranza di poter svolgere una funzione di orientamento per chi vuole trascorrere le vacanze in Puglia.
L’unica chiesa a Brindisi che onorava i cinque fratelli Santi di cui fanno parte Cosimo e Damiano